Donato Bramante nacque aMonte Asdrualdo (Urbino) nel 1444 e morì a Roma nel
1514. Architetto e pittore, geniale creatore e rinnovatore
dell'architettura italiana del 500. Si formò nel clima
artistico della reggia dei Montefeltro, attingendo agli esempi
del Laurana, di Piero della Francesca e di Melozzo da Forlì. La
sua iniziale attività pittorica si esplicò a Bergamo
(decorazione della facciata del Palazzo della Ragione, perduta
nell'incendio del 1513) e a Milano con i monumentali Uomini
d'arme, affrescati nella Casa dei Panigarola, ora a Brera, opera
di ampio impianto architettonico, in cui le singole figure
sembrano sbalzate in una dura massa metallica. Un altro saggio
di magistrale costruttività nel paesaggio e nello scintillio
della luce cristallina è l'Ecce Homo di Brera, già a
Chiaravalle, concordemente attribuito al Bramante. La maggior
gloria di Bramante rifulge nell'architettura, l'arte sua
fondamentale, che si sviluppa in Lombardia a contatto di
sensibilità e tradizioni diverse in cui confluiscono le antiche
forme romanicolombarde e le geniali innovazioni albertiane di
Mantova. Nel 1482 il Bramante dirige la ricostruzione di S.
Maria presso S. Satiro, capolavoro del periodo giovanile, dove
prodiga la sua fantasia pittorica con la soluzione di arditi
problemi prospettici, crea nuove visioni scenografiche e, nella
ricerca dei valori di luce e d'ombra, prelude ai ritmi spaziali
del Cinquecento. Per la facciata di S. Maria Nascente di
Abbiategrasso esegue un elegante arcone; nel 1488 è chiamato a
Pavia quale consulente della riforma del progetto della
cattedrale, infine nel 1492 passa alle dipendenze di Ludovico il
Moro e del cardinale Ascanio Sforza. Nel medesimo anno inizia
una delle sue più originali creazioni, la mirabile tribuna di
S. Maria delle Grazie (Milano), prodigio di un'architettura
dinamica e pittorica, alla cui realizzazione non fu estraneo
l'incontro con Leonardo che attendeva in quello stesso periodo
al famosissimo Cenacolo nel refettorio del convento.
Attivissimo, opera inoltre nel Castello sforzesco e progetta la
canonica di S. Ambrogio. Il crollo della potenza degli Sforza
spinse Bramante a Roma, dove, giunto nel pieno della sua maturità
artistica, diede vita a un nuovo linguaggio architettonico che
dominò tutto il Cinquecento. Dallo studio dei monumenti antichi
trasse spunto per il tempietto di S. Pietro in Montorio (1502),
definito «il Partenone dell'epoca e il frontespizio
dell'architettura cinquecentesca». Segue la solenne armonia del
chiostro di S. Maria della Pace, sintesi delle più pure forme
rinascimentali. Nel 1506 Giulio II l'incaricò della
ricostruzione della basilica di S. Pietro. Il genio innovatore
di Bramante in piena antitesi ai concetti tradizionali
dell'architettura basilicale, ispirata a un ideale di imponente
e severa classicità. Morto Giulio II, i lavori furono
interrotti e della concezione bramantesca ben poco fu
realizzato. Per incarico del pontefice H. ideò il palazzo di
Giustizia o dei Tribunali in via Giulia e curò la sistemazione
dei Palazzi vaticani e in particolare dei due cortili di S.
Damaso e del Belvedere, quest'ultimo dominato dall'ardito
nicchione, prezioso esempio d'inventiva e di scenografica
armonia. Della sua attività romana resta inoltre testimonianza
nell'abside di S. Maria del Popolo, nel palazzo della
Cancelleria, di controversa attribuzione, e in altre opere
minori sulla cui paternità i pareri sono discordi. Anche
nell'architettura civile Bramante espresse nuovi concetti
sintetizzati nel palazzo Caprini in piazza Scassacavalli a Roma,
poi dimora di Raffaello, distrutto nel XVII sec. Dalle incisioni
risulta una configurazione unitaria a bugnato, prototipo
dell'abitazione privata di tutto il Cinquecento. Inoltre al
Bramante si devono il modello della Santa Casa di Loreto, la
grandiosa S. Maria della Consolazione a Todi e, con scarsa
sicurezza, S. Bernardino in Urbino, eseguito negli anni
giovanili. Bramante esercitò un larghissimo influsso
nell'Italia settentrionale e centrale. Alle sue origina.
invenzioni attinsero artisti valenti quali l'Amadeo, il
Dolcebuono, Cristoforo Solari, il Bramantino e i fratelli
Zaccagni. A Roma la luce del suo genio s'irradiò su Raffaello,
B. Peruzzi, G. Romano, A. da Sangallo il Giovane, sul Serio e
sul Sansovino; questi tre ultimi diffusero lo stile bramantesco
in Italia e in Francia. |